Riccardo Montanari - PNL e Coaching

  • CHI SONO
  • COACHING
    • EXECUTIVE & BUSINESS COACHING
    • LIFE COACHING
    • SPORT COACHING
  • FORMAZIONE IN PNL
    • TI PRESENTO LA PNL
    • PNL PRACTITIONER
    • MASTER PRACTITIONER IN PNL
    • PNL SPORT AND MIND
  • FORMAZIONE SPECIALE
    • ONE DAY PUBLIC SPEAKING
    • ONE DAY LEADERSHIP
    • ONE DAY STRATEGIE DI VENDITA
    • ONE DAY NEGOZIAZIONE STRATEGICA
  • LUXXprofile
  • PARTNERS
  • BLOG
  • CONTATTI

Cominciare bene la settimana

4 marzo 2018 by riccardo montanari Leave a Comment

Un mio post scritto sei anni fa ed ancora per me attuale.

Tempo di lettura di questo post 3 minuti e 30 secondi

Ultimamente la Domenica sera, mi piace augurare una buona settimana attraverso il mio blog.
Come detto infatti in un mio post precedente, la Domenica sera siamo chi più chi meno, tutti sulla stessa barca… Facciamo respiri profondi pensando al week end appena trascorso e a quello che ci aspetta domani.

Chi non è contento del proprio lavoro, solitamente incomincia con largo anticipo a ripetersi continuamente: “che palle, domani sarà dura! Non ho voglia, domani devo assolutamente mandare dei CV perché devo assolutamente cambiare lavoro, non posso andare avanti così, e speriamo che il mio collega che mi sta antipatico non ci sia” oppure “Speriamo che alla velina di turno sia venuto l’ herpes così avrà poco da tirarsela” o ancora “i colleghi milanisti mi faranno il mazzo perché io sono Juventino e il Milan oltre ad aver vinto 4 a 0 con il Palermo è anche primo in classifica” e molte altre cose che in PNL definiamo “de-potenzianti”

Chi invece è contento del proprio lavoro, si sente carico, non vede l’ora che sia mattina e di cominciare il suo lavoro, non riesce a smettere di pensare alle nuove persone che incontrerà e alle nuove opportunità che si troverà davanti, penserà alle cose che ha lasciato indietro o che non è riuscito a risolvere e si sentirà riposato e forte dal week end appena trascorso e certo che troverà più soluzioni per affrontare le cose che il Venerdì lo preoccupavano. In PNL queste cose appena scritte, vengono chiamate CONVINZIONI POTENZIANTI.

Riflettici un secondo sulle due situazioni appena descritte. In quale delle due ti riconosci? Se fai parte della seconda categoria, bravo, sei come me e avremo sicuramente una giornata fantastica domani, affronteremo gli imprevisti che ci troveremo davanti tirandoci su le maniche e dandoci da fare per sistemare tutto il più velocemente possibile e la Domenica sera, sospirerai solo perchè domani non starai con il tuo compagno o la tua compagna o con i tuoi figli.

Se invece fai parte della prima categoria, e io fossi il tuo Coach, la prima domanda che ti farei sarebbe: “che cosa ti impedisce di affrontare la giornata di domani come le persone della seconda categoria?” poi ti chiederei: “Che cosa smetterai di fare domani che invece hai fatto fino a ieri e che non ti ha portato a nulla?” Ma più importante di tutto ti chiederei: “Come vorrai sentirti alla fine di questa settimana?” e qualunque sia la risposta ti chiederei ancora: ” E che cosa farai che non hai ancora fatto per sentirti così?”

Insomma il Coaching si basa molto sul fare le domande ai propri clienti al fine che essi trovino le risposte prima per sè stessi e poi per il Coach e diventare così consapevoli delle proprie potenzialità ancora nascoste.

Io ogni Domenica sera o il Lunedì mattina mentre accendo il cervello, mi faccio sempre queste domande anche se faccio parte della seconda categoria, perché siamo tutti esseri umani allo stesso modo e anche io devo chiedermi come vorrò sentirmi il prossimo Venerdì.

Prova anche tu stasera o domani mattina a farti queste domande, se sarai onesto e sincero con te stesso dandoti le risposte, comincerai a sviluppare un nuovo modo di pensare, ma soprattutto di iniziare la settimana!

Mentre ti scrivo, sappi che sto pensando in continuazione che domani comincio una nuova e spettacolare avventura, un obiettivo da poco raggiunto e che anni fa (non sapevo nulla ne di coaching ne di PNL) era un semplice desiderio nella mia mente.

Come mi sento? Non vedo l’ora che sia mattina, non vedo l’ora di cominciare… Sarà una giornata fantastica, sarà una settimana incredibile come del resto quella che è appena trascorsa

E tu? Hai deciso come sarà la tua settimana? Ti auguro davvero che possa essere come la mia!

Riccardo

Filed Under: BLOG Tagged With: Coaching, Mental Coaching, Pnl, Preparazione Mentale, Programmazione Neuro Linguistica

Negoziare in modo efficace

3 gennaio 2018 by riccardo montanari Leave a Comment

PNL PRACTITIONER

Ci troviamo a negoziare in qualsiasi situazione: con i nostri familiari su dove andare in vacanza, cosa mangiare per cena, e nelle situazioni che affrontiamo sul lavoro. Sette consigli per diventare un bravo negoziatore.

Negoziare viene da sempre considerata una vera e propria arte. Fino a non molto tempo fa, lo si faceva in luoghi semplici e farlo, era alla portata di tutti… Come per esempio al mercato, e di fatto più che negoziare, si usava l’espressione mercanteggiare. Oggi, la questione è diventata un po’ più sofisticata. Non lo si fa più solo al mercato, ci troviamo infatti a negoziare nella vita di tutti i giorni, in qualsiasi situazione. Dobbiamo negoziare con i nostri familiari su dove andare in vacanza, cosa mangiare per cena, con i nostri figli, su come si devono vestire, e dobbiamo farlo nelle situazioni che affrontiamo ogni giorno sul lavoro. Qualunque sia il luogo e chiunque sia il nostro interlocutore, se si possiedono gli strumenti giusti, possiamo gestire al meglio qualsiasi trattativa. Il campo della negoziazione è infinito ed in continua evoluzione, periodicamente si scoprono strumenti nuovi e si abbandonano quelli vecchi, anche perché come detto prima, le situazioni stesse dove ci troviamo a negoziare, sono in continua evoluzione. Allo stesso tempo, fortunatamente ci sono alcuni capisaldi della negoziazione che è sempre bene tenere a mente. Eccone qui 7 che ho identificato per te, e che troverai sicuramente utili quando li applicherai, avendo la percezione di aver gestito una trattativa nel migliore dei modi.

1. Gestisci il tuo stato emotivo prima e soprattutto durante la negoziazione 
Trova il modo per essere sempre presente a te stesso ed alla situazione che stai affrontando, non c’è una regola che vale per tutti, in quanto ogni individuo ha una sua strategia per rilassarsi. Ad esempio una cosa che puoi provare, è di fare quello che I tiratori scelti dei Navy Seals, il corpo d’élite della Marina Americana, fanno. Queste persone soggette a forti stress per ovvi motivi, utilizzano una tecnica di respirazione chiamata la 4X4. In pratica prima di mettersi nella postazione da cui dovranno svolgere il proprio compito, inspirano per 4 secondi ed espirano per 4 secondi, il tutto ripetuto per un minuto. Questa tecnica, serve a far rallentare il battito cardiaco e di conseguenza l’adrenalina in circolo.

2. Prepararsi a negoziare
So che può sembrare scontato, ma non lo è. La stragrande maggioranza delle persone arriva impreparata al tavolo della negoziazione. Con impreparata, intendo sia per quanto riguarda la trattativa, che per quanto riguarda le persone sedute al tavolo. E cosa ancor peggiore, non ha una chiara idea in testa di che cosa vuole realmente e non perché non lo sappia, ma perché di fatto non ci ha proprio pensato.

3. Chi prende la penna, vince 
Quando lavoravo nelle vendite per una multinazionale americana il responsabile vendite mondo, mi spiegò questo concetto in inglese, ossia “who takes the pen?”. Statisticamente chi si trova a dover negoziare, dimentica il 50% di quello che la contropar te ha detto durante la trattativa, e viceversa ovviamente. Questo fa si che molte informazioni che potrebbero essere utilizzate a nostro vantaggio in quell’incontro o in un secondo, vadano perdute. Ecco perché è importante prendere nota e segnarsi le macro fasi dell’andamento della trattativa, per avere a propria disposizione il maggior numero di informazioni possibili e poter magari dimostrare l’essere in fallo della nostra controparte.

4. Ascoltare attentamente le parole usate dalla controparte
Da Trainer in Programmazione Neuro Linguistica (metodologia conosciuta anche con l’acronimo in italiano PNL, oppure con quello inglese NLP), non posso evitare questo passaggio, poiché nelle parole scelte dalle persone durante una semplice conversazione, si racchiude il loro intero mondo, figuriamoci durante una negoziazione su qualcosa di veramente importante. Utilizzare questa o quella parola, fa completamente la differenza. Ascoltare attentamente la linguistica delle persone è fondamentale per determinare quali sono le loro priorità e cosa invece interessa meno. Se un termine che avete sentito ha preso par ticolarmente la vostra attenzione, c’è sicuramente un motivo, e se volete saperne di più, approfondite attraverso le domande, che siano a loro volta molto specifiche, per avvicinarsi il più possibile al significato dietro la parola.

5. Abbiate la sicurezza necessaria per fare la prima offerta
Anche qui lo do per scontato, ma è cosa buona ritoccare l’argomento. In una trattativa, è fondamentale come dicevamo prima ascoltare e, ad un certo punto, parlare al momento giusto è altrettanto determinante. Come spiego nei corsi in aula di negoziazione, chi parla per primo, setta la linea base da cui far partire la contrattazione. Da li in poi, sarà la controparte che dovrà rincorrevi per avvicinarsi a voi e non viceversa. Queste sono considerazioni generali, ed ogni trattativa è a sé, ma spero di essermi spiegato nel concetto che sta alla base.

6. Condividi alcune informazioni con la controparte
È una strategia che ti consente di avvicinarti un pochino alla tua controparte. Preparati a priori informazioni generiche e poco strategiche da condividere durante la trattativa. Questo ti permetterà di creare nella mente del tuo o dei tuoi interlocutori, credibilità e fiducia oltre a fargli percepire un’apertura da parte tua a trovare un punto d’incontro vantaggioso per entrambi.

7. Considera l’opzione di andartene
Strategia datata e allo stesso tempo, tutt’oggi diffusa e largamente utilizzata. Praticata spesso anche nella vendita, quando la percezione del venditore è di bisogno impellente da parte del cliente di quello che stiamo vendendo. Lo stesso principio è valido nella negoziazione. Se percepiamo che la nostra controparte vuole trovare assolutamente un accordo, o che ha bisogno e/o necessità di trovarlo, quando non saremo d’accordo con lei, alzarci dal tavolo con l’intenzione di interrompere la trattativa creerà disagio nei nostri interlocutori i quali a quel punto faranno due cose. O ci lasceranno andare, perdendo così la possibilità di trovare un accordo e dovendolo poi cercare altrove ripartiranno da zero. O saranno costretti a rivolgersi a una figura al di sopra delle parti, come un giudice, un albo, o un ente… Oppure per evitare di dover affrontare un nuovo iter come quello appena descritto, ci richiameranno per capire cosa si può fare per chiudere l’accordo. A quel punto se verrà percorsa questa opzione, tornerete al tavolo con una posizione di forza e potere di negoziazione maggiore rispetto a prima di questa interruzione. Fare in extremis questa mossa, ti permetterà di capire quanto realmente le persone dall’ altra parte del tavolo vogliano chiudere questa trattativa e a quali condizioni sono o non sono, disposti a chiudere. Il consiglio extra che ti do, è quello di evitare di tirare troppo la corda. Viviamo in un mondo competitivo, è c’è molto di tutto, assicurati pertanto che quello che hai da offrire tu, o quello di cui hanno bisogno loro, a seconda di come la vedi, lo abbia solo tu o pochi altri, altrimenti compiere questa azione, ti porterà a sentire un bel: “va bene, ci rivolgeremo altrove”. Ed è proprio per questo motivo che in pochi usano, o vogliono usare questo settimo consiglio, perché il terrore di sentire questa frase è molto alto e questo impedisce alle persone di utilizzare questo strumento in modo sereno, lasciandola a volte come soluzione estrema, e molto spesso come valvola di sfogo di una trattativa ormai degenerata e con il nostro stato emotivo non più gestito correttamente come abbiamo visto all’ inizio di questo articolo.

Conclusioni 
Ora, alla luce dei passaggi visti, vorrei darti una sorta di extra-consiglio, che funge un po’ da collettore di tutto ciò che hai letto fino ad ora, e che reputo un punto fondamentale riguardante e priorità. In una negoziazione è fondamentale porsi la seguente domanda. “Che cosa è più importante per me in questa situazione?” Cosa sono disposto a concedere alla mia controparte e cosa invece non sono in nessun modo disposto a rinunciare? Preparati una lista delle cose che puoi concedere ai tuoi interlocutori, da utilizzare come moneta di scambio per ottenere le cose che sono davvero importanti per te e per le quali avrai stilato una lista ordinata per priorità, dove avrai come 1 l’elemento che vuoi assolutamente portar ti a casa dalla trattativa e come 10 il fondo scala, ossia quella componente che anche se non l’hai ottenuta ti farà comunque alzare dal tavolo comunque soddisfatto, e questa, non è una cosa di poco conto.

Grazie per la tua attenzione e alla prossima!

Riccardo

Filed Under: BLOG Tagged With: Coaching, Comunicazione, Mental Coaching, Negoziare, Negoziazione, Pnl, Preparazione Mentale, Programmazione Neuro Linguistica, Riccardo Montanari, Training, Vendere

La differenza tra fare il capo ed essere un Leader

5 dicembre 2017 by riccardo montanari Leave a Comment

Scopri in quale stile di leadership ti riconosci, approfondendo definizioni, metodo da applicare e le quattro are da sviluppare.

Con l’obiettivo di creare valore.

© LoveTheWind - iStock

Sentiamo tanto parlare di leader e leadership, due parole molto nobili al suono, che spesso tendiamo a confondere con altre dal suono un po’ più duro, come capo e comandare. Ho avuto la fortuna di conoscere nella mia vita tanti leader e tanti capi, e devo dire che le differenze riscontrate sono state sempre molte e significative. Se mi segui, sai che parto sempre dalla definizione di una parola. Quando mi sono avvicinato al mondo della formazione, ormai dieci anni fa, mi ricordo che sentivo molto pronunciare la parola leader, poiché la parola in sé crea molto interesse. Nel mondo del lavoro è usata spessissimo, e anche al di fuori della vita professionale molte persone, soprattutto fra noi maschietti, vogliono fare i leader, perché il leader è ammirato da tutti, comanda e gli altri lo seguono. La trappola è proprio questa. Secondo molte persone, se non sei un leader sei un follower, cioè uno che segue quello che fa appunto il leader, e a poche persone piace fare quello che dicono gli altri, mentre trovano soddisfazione nel vedere gli altri che fanno quello che vogliamo loro: qui trovano spazio i capi, i quali spesso abusano del loro ruolo e del loro potere per imporsi in modo prepotente e prevaricante.

Creare valore 
Leader per come l’hanno spiegata a me molto tempo fa, significa ‘colui che va per primo’, o, tradotto letteralmente, ‘conduttore’, cioè colui che guida, dal verbo inglese ‘to lead’, condurre. Uno dei miei maestri/mentori, ha fatto tempo fa qualche ricerca più approfondita, e ha scoperto che la parola leader deriva dal gotico antico ‘laeden’, il cui significato originario era ‘andare avanti o verso l’alto’ riferito a qualsiasi azione costruttiva per il bene della comunità. Anche il suffisso ‘ship’ pare che provenga da una parola di gotico antico, di cui la radice è ‘schaeppen’ che significava ‘creare qualcosa di valore’. Si può ipotizzare quindi che il vero significato della parola leadership fosse associato all’espressione: ‘portare in alto, dando/creando valore’.

Applicare un metodo
Robert Dilts, ricercatore in programmazione neuro linguistica (PNL) e uno dei primissimi allievi di Bandler e Grinder (che l’hanno inventata ndr), ha identificato lo ‘schema della leadership’ dove il leader deve sviluppare quattro aree principali – sistema, visione, altri, sé – sulle quali poi fondare la propria leadership.

Sistema: abilità di pensiero sistemico. Qui troviamo la capacità di una persona di pensare in modo allargato, ossia al sistema di cui fanno parte le persone che lui guida, e lui stesso.

Visione: abilità di pensiero strategico. Qui si trova come dice la parola stessa, l’abilità di fare strategia che consente poi di generare una visione e tracciare la strada per avvicinarsi sempre di più a quell’idea per ora solamente immaginata.

Altri: abilità relazionali. In quest’area c’è una delle più significative differenze a mio avviso fra il vero leader, e uno che fa il capo. Relazionarsi con gli altri è fondamentale per un leader. Le persone che decideranno se seguire qualcuno, lo faranno perché sono in relazione con questa persona. Le persone che seguiranno un capo, lo faranno perché questi ricopre un ruolo al quale bisogna obbedire. E fra i due atteggiamenti c’è un profondo abisso.

Sé: abilità personali. Gestire sé stessi, la propria comunicazione, il proprio stato emotivo. Riuscire a cadere e rialzarsi. Prendere una decisione sbagliata, o difficile, e riuscire comunque a restare calmi. Essere congruente, cioè dare l’esempio.

Tanti tipi di leadership 
Troviamo poi tre visioni di leadership, identificate con i termini meta, micro e macro.

La leadership meta è quella che va oltre, che crea un movimento che poi troverà spazio nel rivoluzionare attraverso la visione del leader la situazione esistente. La leadership macro fa si che un gruppo di persone diventi una squadra unita, compatta e orientata a una visione comune. La leadership micro, infine, si distingue da quelle precedenti, perché il leader sviluppa il suo stile personale per ottenere la collaborazione e il coinvolgimento tenendo conto della situazione attuale nella quale lui e il membri del suo team si trovano in quel preciso momento. In questo caso specifico, non c’è più solo una visione, ma un obiettivo reale e specifico da perseguire.

Focalizziamoci sulla leadership micro: qui ci viene in aiuto Daniel Goleman, esperto di intelligenza emotiva, che ha identificato sei stili diversi di leadership.

Visionario. È il leader capace di portare tutti verso un qualcosa che ancora non esiste, ma è agli occhi di tutti affascinante.

Autoritario. Crea gruppo con direttive chiare, anche se può avere un impatto negativo: è utile nei momenti di crisi o di emergenza, per affrontare persone bloccate dalla situazione stessa.

Battistrada. Come dice la parola stessa, è un leader che apre, traccia, la strada agli altri. Può essere anche negativo per un gruppo, poiché molto solitario, ma è allo stesso tempo utile per ottenere risultati di un team già competente e motivato.

Democratico. Crea team facendo leva sul valorizzare il supporto di ogni singolo membro del team. Ha un impatto positivo, ed è una figura utile per dare e ricevere feedback.

Affiliativo. Crea armonia e sinergia fra tutti i membri del team, favorendo le relazioni portando così un impatto molto positivo. È molto utile per ricompattare un team con dinamiche interne difficili.

Coach. Crea il team, favorendo le relazioni fra il team e l’obiettivo del team stesso o dell’ azienda. Ha un impatto molto positivo sul team ed è utile per far crescere le persone sia da un punto di vista umano che professionale.

Trovare il proprio stile
Per trovare il proprio stile è utile chiedersi quale stile, fra questi, si tende a usare di più e perché, o anche quale non viene mai utilizzato, e perché. Tutti noi siamo leader, nessuno escluso, e in qualsiasi momento della giornata. Si tratta solo di capire quale sia lo stile al quale ci sentiamo più vicini. Robin Sharma, un’autorità mondiale nel campo della leadership, ha scritto un bellissimo libro, ‘Il leader che non aveva titoli’. Il messaggio principale che Sharma vuol far passare, attraverso il racconto di una cameriera di Star Bucks, è che ognuno di noi può, indipendentemente dal ruolo che ricopre, prendere in mano una situazione, o un gruppo di persone e guidarle secondo il proprio stile di leadership.

E i capi? Non ne abbiamo parlato molto, e il motivo è molto semplice… Non c’è molto da dire.

Quelli che sono capitati a me, non tenevano conto degli altri. Pensavano solo a loro stessi, o tu eri con loro da follower, oppure eri una minaccia e quindi andavi combattuto ed espulso dal sistema. Questo è quello che mi sentirei di dire su un capo, è sempre costantemente concentrato su di se, e deve venire lui per primo, non tu. Quando invece il vero leader fa tutt’altro. Un capo una volta preso il potere, manda gli altri a combattere, mentre lui se ne sta seduto a guardare. Il leader invece è costantemente sotto pressione, si preoccupa delle proprie persone, e cerca appena può di farle crescere.

Conclusioni
Se dovessi riassumere le differenze fra capo e leader, potrei semplicemente affermare che il capo realizza sé stesso, il leader aiuta gli altri a realizzarsi. Sembra banale, ma pensa mentre leggi a Gandhi, a madre Teresa di Calcutta, a tutti quei leader che hanno fatto in qualche modo del bene, magari realizzando sé stessi, ma dopo aver liberato una nazione ed un popolo dal colonialismo, o aver portato una parvenza di senso a persone prossime alla morta. Dall’ altra parte che cosa abbiamo? I capi che con il loro ruolo, o il loro potere, hanno terrorizzato persone o nazioni, sono state rispettate non perché meritassero tale rispetto, ma perché incutevano timore e paura. Ecco, questa è, secondo me, la vera differenza fra un leader e un capo.

Grazie per aver letto fino a qui, e alla prossima!

Filed Under: BLOG Tagged With: Coaching, Comunicare, Comunicazione, Leader, Leadership, Mental Coaching, Pnl, Preparazione Mentale, Programmazione Neuro Linguistica

Come definire i propri obiettivi

28 novembre 2017 by riccardo montanari Leave a Comment

 

Scopriamo insieme come prepararci al meglio per chiudere l’anno (E guardare all’anno nuovo) con le idee chiare…

Partendo dal metodo G.R.O.W. e mettendo poi tutto nero su bianco.

Definire i propri obiettivi è una cosa che andrebbe fatta all’inizio di ogni nuovo anno, ma ci sono sempre fattori esterni alla nostra responsabilità e capacità di controllo che influenzano ciò che ci eravamo prefissato. Per questo bisognerebbe ‘aggiustare il tiro’, con una correzione o comunque una revisione di quello che avevamo programmato.

Qual è lo scopo di definire uno o più obiettivi? Fare chiarezza nella propria mente. Quando faccio sessioni di Coaching con le persone infatti, e chiedo loro che cosa vogliono ottenere, spesso o addirittura sempre, mi viene detto quello che non vogliono. Andare via da una situazione, per proteggersi, è la prima cosa che tendiamo a fare, ma portare l’attenzione su quello che non si vuole ci allontana ancora di più da quello che in realtà vorremmo. Affinché sia ben formato, un obiettivo deve avere precise caratteristiche. Intanto deve essere espresso in positivo ed esprimere un risultato invece che un processo. E quindi si deve esplicitare quello che si vuole, invece che quello che NON si vuole. Voler perdere peso ad esempio, esprime un processo, mentre pesare 75 Kg. identifica un risultato. L’obiettivo quindi, deve essere specifico, più diamo dettagli al nostro cervello infatti, più avremo chiaro quello che davvero vogliamo. Deve poi essere misurabile su base sensoriale, ossia cosa devo poter vedere, sentire, toccare o provare per sapere che l’obiettivo è stato raggiunto. Deve ovviamente essere realistico e definito in termini temporali, poiché la differenza fra un sogno e un obiettivo è una data di scadenza. Inoltre deve essere sotto la mia responsabilità il più possibile, cioè devo poterlo controllare al meglio, e infine deve essere ecologico. L’ecologia è diversa dall’ etica, l’etica è ciò che è giusto o sbagliato, mentre l’ecologia è identificare la sostenibilità dell’obiettivo che voglio raggiungere.

Avere un metodo
Per strutturare al meglio la definizione degli obiettivi ci sono diversi strumenti. Spesso si sente infatti parlare del metodo S.M.A.R.T., ma io personalmente ne preferisco un altro. Tra la fine degli anni 80 e gli inizi degli anni 90, Graham Alexander, Alan Fine e Sir John Whitmore diedero un significativo contributo a un metodo di definizione obiettivi che era stato in precedenza pensato, ma poco sviluppato. Il metodo G.R.O.W. ‘Grow’ in inglese significa ‘crescere’, ed è in questo caso un acronimo per identificare i passaggi in una definizione obiettivi. Vediamoli insieme.

G.

La G sta per ‘goal’, ossia obiettivo, e viene definita da quello che hai appena letto, ossia dal fatto che sia espresso in positivo, che sia misurabile, reale, specifico, definito su base sensoriale ed ecologico. Risponde alle domande “Cosa vuoi?” e Perché lo vuoi?”. Quest’ultima domanda è molto importante e potente, perché identifica lo scopo, il motivo per il quale si vuole raggiungere questo obiettivo.

R.

La seconda lettera sta per ‘reality’, realtà, e identifica la situazione in cui ti trovi ora. In pratica aiuta a prendere consapevolezza di quale sia il punto dal quale parti per raggiungere il tuo obiettivo, e risponde a domande molto precise come: “Dove ti trovi ora rispetto al tuo obiettivo” e ancora “Chi è coinvolto?” per passare poi a chiederti da chi o che cosa la situazione possa essere influenzata.

O.

La penultima lettera ha un ruolo importantissimo nella definizione degli obiettivi, e ha un duplice significato. La O sta infatti per ‘ostacoli’ ma anche per ‘opzioni’. Le domande che aiutano a rispondere a questa lettera sono molto importanti, poiché aiutano a identificare che cosa hai già fatto o che cosa stai facendo per raggiungere il tuo obiettivo. Inoltre, ti aiuta a riflettere su quali possano essere gli impedimenti, interni e/o esterni.

Infine, quali sono appunto le opzioni e/o soluzioni fra le quali poter scegliere per muoverti sempre di più e in fretta verso il tuo obiettivo.

W.

Decisamente la lettera più importante. Identifica il piano d’azione e quindi ciò che verrà fatto in concreto per raggiungere il proprio o i propri obiettivi. La W sta per ‘way forward’ (via da seguire) e ha ben quattro differenti significati: what (cosa), when (quando) who (chi) e will (volere).

Mettere nero su bianco
Un’altra cosa importante da tenere in considerazione è che tutto quanto hai appena letto, va scritto. Mi spiego meglio: tutto ciò che mettiamo per iscritto resta.

Definire un obiettivo con le modalità di cui sopra e metterlo poi per iscritto, ti permetterà di poterlo rileggere ogni volta che vorrai e capire se effettivamente stai facendo progressi. Inoltre, mettere quello che vuoi per iscritto, ti permette di memorizzarlo in modo più profondo, poiché mentre scrivi, ciò che scrivi diventa parte dei tuoi processi neurologici e pertanto comincia subito a diventare parte di te. Sia che tu definisca i tuoi obiettivi all’inizio dell’anno, che a metà, puoi tranquillamente utilizzare questo metodo. L’importante è farlo. Avere una destinazione ci consente di poter tracciare la rotta e di evitare dispersioni.

Da qui deriva anche la motiv-azione, cioè il motivo per il quale compiere azioni. Spesso quando spiego il mio lavoro mi sento dire “ah, fai il motivatore!” e allora spiego che non è quello il mio lavoro, non ho mai motivato nessuno in vita mia, né ho mai conosciuto altri che lo abbiano fatto, perché è impossibile, almeno per quanto mi riguarda, motivare qualcuno dall’esterno. Esistono molti corsi così detti ‘motivazionali’, e infatti gli effetti, che non discuto assolutamente essere positivi, durano pochi giorni. Essere motivati dall’esterno può funzionare per un periodo molto limitato di tempo, auto motivarsi per perseguire un obiettivo ha invece una potenza incredibile.

Costanza e determinazione
Mentre stai leggendo queste parole, probabilmente cominci a renderti conto del come mai solo una piccola percentuale al mondo definisca i propri obiettivi. E se stai pensando che sia difficile, la risposta è si! È molto difficile, ecco perché la maggioranza non li definisce affatto, e anche quelli che lo fanno, molto spesso rinunciano prima di raggiungere l’obiettivo. Definire un obiettivo, non è quindi semplicemente prendersi un impegno, o peggio ancora fare una promessa, è volere con ogni fibra del proprio corpo il raggiungimento di un risultato. Come sempre spero di averti dato qualche spunto di riflessione, e soprattutto strumenti pratici per poter migliorare sempre di più nella tua vita e nel tuo business.

Filed Under: BLOG Tagged With: Coaching, Comunicare, Comunicazione, Obiettivi, Pnl

Roger Federer a Wimbledon: la vittoria e la preparazione mentale

17 luglio 2017 by riccardo montanari Leave a Comment

 

Federer a Wimbledon

Federer a Wimbledon si commuove:

“Se credi di poter andare davvero lontano nella tua vita… E io ho continuato a crederci.”

Così Re Roger, come ormai viene chiamato da tutti Roger Federer, commenta dopo aver vinto per l’ottava volta Wimbledon. Ormai dopo questa ennesima e straordinaria vittoria, tutti sono d’accordo sul fatto che a Roger Federer non siano bastati allenamento e tecnica.

Molti, se non tutti, concordano infatti che la sua grande forza mentale, gli ha permesso a ormai 36 anni, di vincere uno dei tornei più prestigiosi nel Tennis. In pochi sanno che all’età di 17 anni, Roger Federer aveva un bruttissimo carattere, e che a Basilea in Svizzera dove si allenava a quel tempo, pur riconoscendogli il talento, lo mettevano sempre nel’ ultimo campo in fondo, in modo tale che non disturbasse gli altri giocatori con le sue imprecazioni.

Fu in quel periodo che gli venne affiancato un “Mental Coach” che gli permise di trovare un equilibrio nella sua emotività in campo, e potersi così concentrare maggiormente sulla tecnica.

Molti giocatori se non tutti, in qualsiasi Sport, a certi livelli lavorano con una persona che li aiuta a prepararsi a livello mentale. E’ questa una delle differenze che fa la differenza. A parità di allenamento, di tecnica, di forza fisica ed esperienza, è la testa infatti che può determinare il successo, o l’insuccesso di una performance.

 

roger-federer-wimbledon

 

 

Federer a Wimbledon …l’ottava volta … a quasi 36 anni

Anche chi di solito non segue i risultati di tennis, se ha visto i momenti più importanti della finale di Wimbledon, si sarà accorto con quale precisione chirurgica, Federer metteva la palla a segno durante la battuta. Molti giocatori visualizzano la battuta nella loro mente prima di battere davvero, e questo processo, porta il corpo a compiere movimenti più precisi, a dare più o meno forza, e molte altre cose.

Si dice (anche se non è mai stato confermato) che anche Novak Djokovic, sia stato seguito da una delle maggior Mental Coach serbe, esperta di PNL Sport and Mind, la dott.ssa Vesna Danilovac, la quale data la preparazione tecnica e fisica di un tennista com Djokovic, ne abbia curato l’aspetto mentale, portandolo in questo modo ad alti livelli di concentrazione, gestione dello stato emotivo in situazioni di stress e rapido cambiamento.

 

Essere campioni è una questione di testa

Oltre alla visualizzazione, ci sono molte altre tecniche che possono tornare utili durante una performance sportiva, spesso quando parliamo con noi stessi, lo facciamo con un dialogo interiore che possiede un tono di voce severo e sgradevole e che fa avvenire una situazione contraria a quella che vorremmo, e questo vale per qualsiasi Sport. E’ la nostra mente che ci può aiutare a vince o a perdere, a migliorare o peggiorare.

Insomma, c’è tutto un mondo da conoscere se sei un’atleta, professionista o amatoriale, ma anche se sei un allenatore, un preparatore, un Personal Trainer o semplice appassionato di come funzioni la mente in determinati contesti. Leggi in PNL Sport e Mind come la mente può aiutarti a migliorare le tue performance sportive ed essere vincente nelle sfide più importanti.

Grazie per aver letto fino a qui e alla prossima!

Riccardo

 

Filed Under: BLOG Tagged With: Coaching, Mental Coaching, Pnl, Preparazione Mentale, Programmazione Neuro Linguistica, sport, Tennis

  • 1
  • 2
  • Next Page »

Recensioni

francesco villa

"Grazie a tutte le sue conoscenze e alla sua competenza, Riccardo mi ha aiutato a togliere la nebbia che era intorno a me, e vedere chiari i miei … Leggi tutto ...

Post recenti

Gabriele e il pallonicno

Quello che vedi in questa foto, è mio figlio Gabriele di 2 anni e 4 mesi. Sta facendo il bagnetto della sera, e mi sta indicando dove è volato via il palloncino, che fino a pochi minuti prima teneva nella sua mano.   Ti sembrerà un post un po’ diverso dal solito, ma credimi, se […]

I miei partner

Dott.ssa Elena Carolina Rossi Psicoterapeuta in Ipnosi Ericksoniana ed esperta in EMDR (Eye … Leggi di più..

Privacy Policy

Copyright © 2025 | P.iva 06915290966 | via Carlo Poerio,15 20129 Milano | riccardo@riccardomontanari.com | Privacy Policy

Scroll to top