Scopriamo insieme i passi fondamentali da compiere prima di concentrarsi su una soluzione, e quelli da seguire successivamente.
In questo articolo affrontiamo un tema che ormai da diverso tempo sta diventando, nel mondo del business, sempre più un’esigenza. Parliamo infatti di Problem Solving, ossia la capacità, o l’arte, come dice il titolo di questo articolo, di risolvere problemi. Perché è così importante? Partiamo da un’affermazione del filosofo ed epistemologo Karl Popper, che mi trova molto d’accordo: “La vita è un continuo risolvere problemi”. Dopo i 35 anni ho notato personalmente che il tempo trascorre a una velocità incredibile e, per quanto l’esperienza personale possa aumentare, muovendosi tutto così rapidamente, aumentano anche il numero di situazioni che ci troviamo ad affrontare. La spensieratezza diventa un ricordo: lascia spazio alle responsabilità, a un incremento delle situazioni da gestire.
Da problema a situazione
Problem solving è diventato uno dei tanti termini che viene utilizzato in modo improprio in diversi ambiti lavorativi: addirittura lo si utilizza nel curriculum e durante i colloqui viene richiesta questa fantomatica capacità di risolvere problemi. Innanzitutto vorrei fare una riflessione proprio sul tema ‘risolvere i problemi’. Se mi segui, o hai fatto qualche corso con me, sai quanto le parole per me siano importanti, pertanto togli dal tuo vocabolario la parola ‘problema’ e sostituiscila, quando puoi, con il termine ‘situazione’. I problemi si risolvono, mentre le situazioni non si risolvono, si gestiscono. E gestire una situazione è di gran lunga meglio che risolvere un problema. Potrai pensare che si tratti di un trucchetto da quattro soldi, ma credimi che la tua mente sarà molto più felice nel gestire una situazione, invece che nel risolvere un problema. Detto questo, torniamo a parlare quindi di problem solving, ossia l’arte di gestire situazioni complesse.
Gestire situazioni complesse
Una persona che sa come gestire situazioni complesse è, in poche parole, una persona che sa pensare in modo più funzionale. Di fatto, ci sono due tipi di individui: quelli che si concentrano sul problema e quelli che invece si concentrano sulla soluzione. I secondi sono ovviamente coloro che sanno gestire una situazione in modo migliore e più funzionale. Su questo ultimo punto, ti consiglio caldamente di sviluppare il giusto atteggiamento mentale, perché quello che vogliono davvero le aziende, e anche i clienti, è esattamente questo: una persona, o un’azienda, che si concentri sulla soluzione, invece che sul problema. Nella mia vita ho avuto la fortuna di fare decine e decine di colloqui per trovare un impiego lavorativo... Hai letto bene, ho scritto fortuna, perché avendo fatto così tanti colloqui ho sviluppato flessibilità e capacità comunicative che sono spesso alla base del problem solving. E il problem solving è un ‘tema’ che, durante la maggior parte dei colloqui, i miei interlocutori mettevano sul tavolo.
Ora, prova a immaginare il seguente scenario.
Nella tua azienda succede un fatto molto grave: perdete il cliente che realizzava metà del fatturato. Cosa fai per prima cosa? Chiedi di chi sia la colpa oppure ti domandi cosa si può fare per recuperare il fatturato perso? Leggendo queste ultime righe, ti sembrerà facile pensare alla seconda opzione. Ma nella realtà quella che ricevi è una ‘shock news’ che la tua mente deve prima elaborare: devi quindi calmarti, capire cosa sia successo esattamente e quali sono le tue opzioni. Per essere un problem solver, ricordati che quando si presenta una situazione da dover gestire ci sono tre passi fondamentali da fare prima di concentrarti sulla soluzione:
1. Elabora la situazione che hai davanti.
2. Crea il più possibile un distacco emotivo da essa.
3. Raccogli i fatti, per poter capire quali sono le tue opzioni.
Fatti questi tre passaggi, ora e solo ora puoi cominciare a pensare in termini di soluzione o gestione della situazione. Per migliorare e accelerare questa tua capacità, ed essere quindi un problem solver davvero efficace, ecco i cinque passi da seguire.
1. Raccogliere i fatti dalla tua parte
Partiamo dall’ultimo punto visto sopra. Raccogliere i fatti è il segreto dei più grandi risolutori di situazioni difficili a livello mondiale: se sai esattamente la situazione attuale nei dettagli più accurati, sei anche in grado di capire quali passi puoi fare per uscire dal guado. Avere il polso della situazione ti permette di generare il maggior numero di opzioni possibili, dandoti un senso di sicurezza e di poter contare su un ‘catalogo’ per gestire la situazione in corso.
2. Comincia dalle cose semplici
Come in palestra, esercita questa capacità di raccogliere informazioni relative alla situazione da gestire e di trovare le relative opzioni, partendo dalle piccole cose, per poi andare in crescendo.
3. Pensa in termini di domande
È il concetto alla base del coaching, rafforzata dalla massima di Anthony Robbins, famoso coach americano che spesso cito nei miei corsi: “Chi domanda comanda”. Questa regola vale sia che tu chieda di risolvere una situazione a qualcuno, sia che la soluzione della situazione la debba trovare tu. La domanda ti permette di generare la ricerca di una risposta: chiederti banalmente “come posso risolvere questa situazione?” fa in modo che il tuo cervello si muova in una direzione, invece che restare fermo a ciò che è successo.
4. Soluzioni, non idee
È un concetto molto semplice, eppure spesso è quello che in concreto viene fatto. Le persone pensano di poter gestire una situazione portando idee, che si rivelano però poi poco utilizzabili nel concreto. Il tuo obiettivo è risolvere, o gestire una situazione, non avere l’idea su come si possa risolvere. La differenza è forse molto sottile, ma allo stesso tempo anche abissale. Avrai sicuramente sentito spesso l’espressione: “Ho avuto una grande idea!”. In realtà chi ha idee spesso non è un bravo problem solver, perché potrebbe ritrovarsi a pensare troppo e agire poco. Al solito ci vuole equilibrio fra quanto sia necessario pensare e quanto sia necessario fare. Le idee possono creare nuovi scenari, nuove situazioni, nuovi mercati, nuovi prodotti. Ma quando devi poi risolvere una di queste idee che si sono concretizzate, ci vogliono ovviamente soluzioni.
5. Metti te stesso alle strette
Quando gli esseri umani vengono messi alle strette, in una situazione tipicamente di pericolo, o peggio ancora di vita o di morte, tirano fuori il meglio che hanno dentro. Una volta, a un corso di negoziazione strategica, un manager di un’importante azienda mi disse che aveva difficoltà nel farsi approvare il budget dal proprio capo temendo la reazione negativa di quest’ultimo. Gli chiesi quanto fosse importante per lui ottenere il budget: la risposta fu che era assolutamente importante e che aveva tentato, secondo lui, qualsiasi strategia per uscire dall‘ufficio del capo con il budget approvato. A quel punto gli chiesi se avesse figli, lui rispose sì. Feci allora una domanda molto provocatoria: “Se ci fosse una pistola puntata alla testa di uno dei tuoi figli e il grilletto scattasse se tu non riuscissi a farti approvare il budget dal tuo capo, che cosa faresti?”. Ovviamente mi rispose che, in quel caso, troverebbe sicuramente il modo. Anche io avrei risposto la stessa cosa, perché quando siamo messi alle strette pensiamo a soluzioni che mai avremmo nemmeno immaginato in una circostanza tranquilla.
Ma per agire così ed evitare il panico, dobbiamo essere allenati. Quindi, davanti a qualsiasi situazione, immaginati che non hai altra scelta, se non trovare tu stesso una soluzione che ti faccia uscire dal guado. Puoi immaginarti che sarai licenziato, oppure che la tua azienda chiuderà se sei un imprenditore, oppure ancora che qualcuno potrebbe rimetterci la vita se tu, o il tuo team, o la tua azienda, non troverete una soluzione alla situazione che state vivendo. Quest’ultimo è il punto più importante per diventare un problem solver eccellente. Ricordati che è scientificamente provato che qualsiasi cosa il cervello immagini attiva le stesse aree di qualcosa realmente vissuto e che, cosa ancora più importante, non c’è mai una soluzione, ce ne sono sempre diverse. Se siamo convinti del contrario, diremo al nostro cervello di smettere di cercare vie d’uscita, e lui farà esattamente quello che gli abbiamo chiesto. Del resto, sarà capitato anche a te di aver lasciato le chiavi sul tavolo, di passare davanti, non vederle e chiedere ad altre persone di aiutarti nella ricerca, per poi trovarle, appunto, sul tavolo. Buffo vero? Eppure è capitato un po’ a tutti.
Grazie per aver letto fino a qui e alla prossima!
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